Chiesa Madre di Santa Maria Maggiore

 

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A meno di cento metri, giù per il corso principale del paese, appare la parrocchiale sotto il titolo di Santa Maria Maggiore. Probabilmente edificata nel XII secolo, non conserva nulla della primitiva costruzione anche perché rifatta intera- mente nel ‘500 e nel corso del XVITI secolo.

Nel 1740, infatti, veniva restaurata dal maestro Francesco Belmonte, e dopo il terremoto del 1783, da Raffaele De Bartolo. Nel corso di questa guida sentiremo ancora parlare di questi due validi artisti rendesi. Si rifaceva la volta a botte sopra la navata centrale e — come nota padre Fonte — le esili colonne tufacee ottagonali, che sostenevano un tempo gli archi romanici, venivano rafforzate ed incorporate dentro grosse colonne in muratura.

La chiesa, scrive il Giraldi, presenta un’armoniosa facciata a salienti, che riproduce, in sezioni, l’interno, nonché ripartita in basso da tre portali di tufo di buona fattura… ad ogni portale corrisponde una navata , di cui la mediana di volume doppio, rispetto alle due laterali che l’affiancano. La fronte è dominata da un rosone tufaceo a raggiera con sedici colonnine che si dipartono dal centro quadrilobato.

Nell’interno fanno spicco due affreschi di Cristoforo Santanna, posti sulla volta della navata centrale, preceduti da un’opera eseguita nel 1925 dal Greco che presenta l’Entrata trionfale di Cristo in Gerusalemme. In realtà, al posto di questo affresco moderno ve ne era uno dello stesso soggetto, eseguito dal Santanna ed andato distrutto in seguito al terremoto che funestò le nostre terre nel 1854. Il secondo affresco, quello centrale, rappresenta il solenne trasporto dell’arca nel tempio di Gerusalemme, con Re David salmodiante che suona la cetra e che precede il corteo; Santanna lo dipinse nel 1794. Il terzo affresco della volta raffigura la cacciata di Eliodoro dal tempio eseguito anch’esso dal Santanna nel 1794. Nella navata destra, sono posti numerosi dipinti del Greco: sul primo altare, Il Battesimo di Gesù del 1928; sul secondo, S. Maria della Consolazione del 1928; sul terzo San Francesco di Paola del 1927; sul quarto, il Sacro Cuore di Gesù del 1930 e l’Apparizione del Sacro Cuore del 1929; sul quinto, la Pietà del 1928; segue la cappella del Rosario che contiene un bel dipinto del Santanna del 1775, raffigurante La Madonna del Rosario con San Domenico e Santa Caterina, un’opera del Greco eseguita nel 1930, raffigurante Sant’Ippolito ed una statua della Madonna col Bambino. Sul lato destro dell’abside è collocato un maestoso dipinto del Santanna che raffigura la Presentazione di Gesù Bambino al tempio; accanto, opera dello stesso artista, è un San Giovanni Evangelista, sempre olio su tela. L’abside contiene degli stalli corali in legno. L’altare maggiore, ove ancor prima, era posto l’altare con due colonne in legno successiva- mente collocato nella cappella del Crocifisso, è coperto da delicati stucchi policromi eseguiti nel 1858; al di sopra, è posta una pala eseguita dal Santanna nel 1795 che rappresenta la Madonna col Bambino ed angeli. Pare che in quest’opera, ma anche in altre, l’artista si avvalesse come modello della Madonna della giovane moglie definita “di rara bellezza e leggiadria” e dei figli per gli angeli. 

Ritornando verso l’ingresso, sul lato sinistro, si principia con il primo altare sovrastato da una tela dipinta dal Greco nel 1929 che ritrae S. Teresa; segue un’opera dello stesso artista, del 1923, raffigurante la Madonna del Carmine; successivamente, ancora del Greco, due opere: La Sacra Famiglia, e, al di sopra, S. Luigi Gonzaga. Sul quarto altare (cappella del crocifisso), Le Pie Donne in pianto di R. Rinaldi da San Fili, eseguito nel 1896, sul quale è posta una statua di Cristo in Croce dipinto al naturale da artista anonimo del ‘700; belle anche le colonne in legno dorato che racchiudono la composizione. Il quinto altare contiene un dipinto che raffigura Gesù Bambino. Più avanti, si apre la cappella un tempo dedicata a San Carlo Borromeo che contiene: un olio di anonimo del ‘700 dedicato alla Sacra Famiglia con San Carlo Borromeo e San Giovanni racchiuso in un magnifico altare recante lo stemma della famiglia Vercillo, e un’opera del Grano del 1847 che ritrae Sant’Antonio da Padova; inoltre, statue di san Luigi e Sant’Antonio. Nella zona absidale sinistra, è posto un pregevole dipinto del Pascaletti dedicato all’Immacolata con accanto San Francesco d’Assisi e Santa Chiara, ed un’opera del Magli, del 1960, nella quale è dipinta La consegna delle chiavi a San Pietro. In Sagrestia, balza subito evidente la Trasfigurazione, affresco di dimensioni notevoli (m.3 x 5) eseguito dal Santanna nel 1794; inoltre, un olio su tela di m.1 x 1,90 sempre di Santanna, ed un dipinto di anonimo del ‘700 raffigurante l’Arcangelo San Raffaele. Nello stesso locale, pregevoli esecuzioni negli stipi in noce, effettuati dal maestro Agostino Apa. Nella bussola del portone d’ingresso, sono dipinti quattro puttini ennesima opera del Santanna.

Da notare un grande organo elettrico del 1933 costruito dai fratelli Migliorini di Roma; è composto da 1300 canne e due tastiere.

Il sacro ediflcio che s’innalza con un bell’ effetto architettonico all’inizio del corso principale del nucleo storico,
fu eretto presumibilmente attorno al XII secolo 2 col titolo di Santa Maria Maggiore o di Santa Maria della Neve, ma a 
Causa dei gravi danni causati dagli scotimenti sismici alla fabbrica nel corso dei secoli, fu ricostruito varie volte e in epoche diverse: segnatamente nel primo ‘500 e poi ancora tra il 1740 e il 1799 ad opera dei capomastri Francesco Belmonte e Raffaele De Bartolo, con l’intervento del!’ ebanista Matteo Morrone per le opere lignee e del pittore indigeno Cristoforo Santanna, per quanto riguarda la parte pittorica e decorativa. I primi due, specialmente, s’ingegnarono di rispettare nel corso dei lavori di ripristino i tratti originari della bella costruzione ruinata, ma purtroppo ben poco poterono conservare della suggestiva creazione dell’ arte cinquecentesca e ancor meno di quella romanica precedente.  

La chiesa si presenta oggigiorno al termine di un’ampia scalinata sul piano del sagrato e con un’armoniosa FACCIATA
a salienti, che riproduce in sezione l’interno, nonché ripartita in basso da t’e portali in tufo di buona fattura, in concordanza con l’interno a croce latina scandito da tre alte navate – ad ogni portale corrisponde una navata – di cui la mediana di volume doppio, rispetto alle due laterali che l’affiancano. Nel mezzo della fronte campeggia un bel rosone tufaceo a raggira con sedici colonnine sagomate che si dipartono dal centro quadrilobato, riporto ricomposto della fabbrica primitiva. 

Nell’interno, dodici robusti pilastri quadrangolari, che nel ripristino hanno inglobato le vecchie colonne danneggiate dai terremoti, sovrastati da capitelli compositi rivestiti in foglia d’oro zecchino, sostengono l’ampia volta a botte mediante una serie di arcate a tutto sesto; altrettante lunette poste all’incrocio degli archivolti, incorporano delle finestrelle vetrate da cui filtrano fasci di luce diffusa che si riflettono sull’oro delle decorazioni, creando uno stupendo gioco di luci e di colori. 

Lungo le navate laterali con la volta a cupoletta si susseguono dodici altari minori (sei per parte) con altrettante nicchie con statue o dipinti, tra cui emerge per grazia ed ampiezza quello del Crocifisso. 

Nel vasto presbiterio risaltano l’ ALTARE maggiore eseguito in marmi versicolore ed ornato con sculture e stucchi lucidi nonché gli antichi STALLI del coro scolpiti ed intarsiati in legni contrastanti, uniti gli uni agli altri e disposti simmetricamente su due file, l’una dirimpetto all’altra, in maniera da formare con gli alti postergali di cui sono forniti dei tramezzi atti a delimitare l’ampia superficie del coro dalle adiacenti navatelle laterali. I bei portali litici che danno acceso al tempio al termine della larga scalinata del sagrato, tutti in pietra riccamente scolpita, sono affiancati da colonnine annicchiate e rudentate, sovrastate al termine del fusto da capitelli ionici e corinzi a coppie alternate.

Durante i lavori di restauro della chiesa, dal 1993 al 1999, vennero alla luce un ossario di 300 metri cubi di ossa e la vecchia chiesa situata sotto l’altare odierno. In passato , senza un vero e proprio cimitero si usava tenere le ossa sotto la chiesa Matrice.

 Gli studiosi collocano la vecchia struttura intorno al 1040 d.C.; si estende su tutta la larghezza della chiesa ma non in profondità.

Nella galleria di foto potete ammirare la cripta e tutti gli oggetti ritrovati all’interno di essa.

Gli alti basamenti su cui poggiano le colonnine del portale centrale recano dei riquadri decorativi, su cui appaiono scolpiti nella pietra due fregi allegorici: un libro aperto, a destra e due chiavi incrociate , a sinistra, simboleggianti rispettivamente “il Libro della Vita”  coi nomi di coloro che sono destinati alla salvezza, e la potestà della Chiesa di assolvere i peccati in nome di Cristo.

 

 

Opere principali:

  • “La Cacciata di Eliodoro dal Tempio” (Cristoforo Santanna) a. 1794 (Dimensioni: 7,50×4,00). L’affresco rappresenta Eliodoro d’Antochia (II secolo a.C.), primo ministro di Seleuco IV, re di Siria, che tentò d’impossessarsi del tesoro custodito nel tempio di Gerusalemme, ma colto sul fatto, venne affrontato e gettato a terra da un angelo a cavallo. Nell’opera si rileva un’accentuata diversità di colorazione con la quale l’autore ha voluto contrassegnare il ruolo che i personaggi hanno avuto nella vicenda rappresentata con tanta dovizia di particolari, altrettanto significativa è la predominanza dei colori rosso e azzurro. L’affresco venne sottoposto a restauro nel 1910 da Giovanni Greco.

 

  • “La trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor”(Cristoforo Santanna) (Dimensioni: m. 5,00×3,00). L’affresco, che si trova sul soffitto della sacrestia, fu portato a termine dall’autore nel 1794. Esso raffigura l’apparizione miracolosa di Cristo ai tre discepoli Pietro, Giacomo e Giovanni, tra Mosè ed Elia, sulla cima palestinese del Tabor. Gesù, sublime e splendente nell’alone di luce solare che lo circonda, domina il dipinto e appare come distaccato dallo sfondo e proteso verso l’alto. Vivo è lo splendore cromatico sicuro e netto il tratto.

 

  • “Il Solenne trasporto dell’Arca nel Tempio”(Cristoforo Santanna) a. 1794 (Dimensioni: m. 7,50×4,00). Il grande affresco raffigura il trasporto dell’Arca che fu sistemata prima nella tenda dell’adunanza e poi nel locale più interno del Tempio di Gerusalemme. Nella parte bassa dell’opera vengono raffigurati due sacrifici propiziatori; in quella centrale viene esaltata la figura di David che varca il patibolo esterno del luogo sacro, alle sue spalle procede l’Arca trasportata a spalla; in alto predomina la figura di Dio attorniato da angeli.

 

  • “La Madonna col Bambino tra Santa Caterina e S. Domenico” (Cristoforo Santanna) XVIII (Dimensioni: m. 1,85×1,20).  In questa opera viene rappresentata la Madonna del Rosario, tra San Domenico e Santa Caterina, con angeli posizionati dietro di lei. In basso si trova il cane con la fiaccola che si richiama ai dominicani, noti come Domini Canes (cani del Signore) perché la loro attività era rivolta alla conversione degli eretici.

 

  • “La Madonna col bambino e Angeli” (Cristoforo Santanna), 1795 (Dimensioni: 2,87×1,75). Questa pala d’altare rappresenta la Madonna col Bambino con alcuni angeli. La peculiarità di questa opera è proprio il movimento creato dagli angeli che creano un effetto piacevolmente dinamico.

 

  • Altarolo” (Maestranze Roglianesi) sec. XVIII (Dimensioni: m. 4,00×1,80). L’altare è decorato con dei dipinti che raffigurano la Vergine in gloria col Bambino tra San Giuseppe e Sant’Anna. Nel riquadro principale e l’Onnipotente nell’elisse posta in alto. Il lavoro d’intaglio impreziosito da due colonne laterali sormontate da capitelli. I piedistalli di questi ultimi mostrano lo stemma gentilizio della nobile famiglia dei Vercillo.

 

  • “Immacolata tra San Francesco d’Assisi e Santa Chiara” (Giuseppe Pascaletti) sec. XVIII (Dimensioni: m. 2,50×1,60). L’Immacolata viene qui rappresentata che schiaccia il serpente col pomo tra le fauci mentre gli angeli le reggono la corona. A sinistra c’è San Francesco d’Assisi e a destra Santa Chiara che custodisce le particole consacrate. L’attenzione viene subito catturata dal bel volto della Vergine in preghiera.

 

  • “Sant’Antonio da Padova” (Giuseppe Grano) 1847 (Dimensioni: m. 1,85×1,20). In quest’opera risalta la figura di Sant’Antonio da Padova mentre prega in posizione genuflessa . Gli angeli fanno da contorno a questo mistico movimento del santo. In mano un angelo porta un giglio scelto dall’artista proprio perché una specie di questo fiore è detta di Sant’Antonio.

 

  • “La Presentazione al Tempio” (Cristoforo Santanna) sec. XVII-XVIII (Dimensioni: m. 3,00×2,00). Questo affresco rappresenta la presentazione al Tempio di Gesù Cristo bambino. È ben evidente la folla che si accalca per assistere alla cerimonia. Sullo sfondo sono presenti elementi di richiamo classico.

 

  • “Le Pie donne in pianto” (Raffaele Rinaldi) 1836 ; “Crocifisso” (Ignoto Meridionale) sec. XVIII. Quest’opera particolare ne racchiude due: Una statua lignea di scuola napoletana settecentesca che rappresenta il Cristo sulla Croce e lo sfondo dipinto che ritrae le Pie donne doloranti per la straziante tragedia a cui hanno assistito.

 

  • “L’Arcangelo S. Raffaele e Tobia” (Ignoto Meridionale) sec. XVIII. (Dimensioni: m.1,30×0,90). Questo dipinto, probabilmente, è ispirato da un’opera di Tiziano che ha lo stesso titolo. La scena è tratta dal libro deuterocanonico di Tobia e lo ritrae nel momento in cui cerca di togliere il fiele del pesce che ha tra le mani. L’Arcangelo lo guarda con attenzione.

 

  • “L’adorazione del SS. Sacramento” (Cristoforo Santanna) sec. XVIII (dimensioni: m.2,20×1,00). Il punto focale dell’opera è rappresentato dal centro dove spiccano le testine alate degli angeli che contornano la particola consacrata. Ai lati ci sono altre due coppie di angeli; una di queste porte un turibolo in cui brucia l’incenso.

 

  • “Gesù tra i discepoli” (Cristoforo Santanna) sec. XVIII (Dimensioni: m. 2,21×1,65). In questo dipinto risalta la figura di Gesù mentre scrive sopra un libro sorretto da un angelo, alle sue spalle sono presenti San Giuseppe; i Santi Pietro e Paolo, Rocco e Giovanni, l’aquila (che è il simbolo dell’Ascensione). In alto a sinistra c’è un angelo che porta un festone con la scritta “Nativitas Tua Virgo Maria gaudium magnum” e sulla destra c’è una scena della Natività.

Sulla chiave di volta si stacca invece l’arme civica dallo scudo araldico sagomato con al centro le “tre torri” e alla base, inciso nel tufo in tutte lettere, l’antico toponimo “Renda”.

La pavimentazione dell’impiantito fu eseguita nel 1890-92, per motivi di urgente necessità, avendo la precedente impalcatura ricoperta da grandi lastroni tufacei ceduto in più punti, a causa di un movimento franoso verificatosi nei sottostanti sotterranei cimiteriali emersi in seguito agli scavi effettuati. Dal corpo della fabbrica, sulla sinistra di chi guarda, si eleva una slanciata TORRE campanaria innalzata nel ‘700, ma ricostruita nel 1923 per i danni subiti dal terremoto del 1905, che seminò lutti e rovine nell’ abitato, e dedicata al SS. Crocifisso e alla Madonna della Neve. Composta da quattro piani coronato ognuno da una pronunziata corniciatura, ha le pareti esterne in cotto di  lineare semplicità, delimltate da lesene decorative sovrastate da capilelli e alleggerile da monofore ad arco da una serie di piccoli balaustri.

Negli ultimi due piani sono sistemati rispettivamente la cella campanaria e l’orologio  meccanico, mentre quello estremo culmina con un terrazzino contornato da un’elegante balaustra perimetrale, da cui la vista spazia su un panorama di suggestiva bellezza. 

In primavera, migliaia di rondini animano l’elegante campanile ruotandovi torno torno con le ali ferme e tese e con mille stridi festosi, mentre i colombi che vi s’annidano pure numerosissimi riempiono l’aria col loro caratteristico grido gutturale e sul limitare dei cornicioni, a coppie, amoreggiano teneramente. 

Fonte:

G. Giraldi – Le Chiese di Rende