Una breve introduzione delle 5  Chiese principali di Rende, del Museo Civico e del Castello Normanno.

Troverete la storia di tutte le chiese nelle apposite pagine dedicate, con foto degli interni e degli esterni.

Chiese che In un 1 Km quadrato sono ben 9, una densità altissima, e se a queste aggiungiamo la Chiesa della Pietà, a circa 700 metri lineari dalla circonvallazione, arriviamo a 10 chiese!

 

 

 

Alla scoperta del cuore storico di Rende

Chiese, arte e memoria nel centro antico

Nel cuore del centro storico di Rende, in meno di un chilometro quadrato, si concentrano ben nove chiese: un numero sorprendente che racconta molto del profondo legame tra la città e la sua tradizione religiosa e culturale. Se si aggiunge la Chiesa della Pietà, situata a circa 700 metri dalla circonvallazione, il conteggio sale a dieci: una densità straordinaria che testimonia l’importanza del culto e dell’arte sacra in questa comunità.

Accanto alla maestosità del Castello Normanno e all’eleganza discreta degli antichi palazzi nobiliari, svettano le solenni strutture degli edifici religiosi. Le loro facciate austere dialogano con gli interni riccamente decorati, offrendo al visitatore un viaggio nel tempo fatto di fede, arte e storia civile. Questi luoghi, pur segnati da calamità naturali e vicende travagliate, sono ancora oggi vivi e frequentati, custodi della memoria collettiva dei renditani.

Per ogni chiesa troverete, nelle apposite pagine, un approfondimento dedicato con fotografie degli interni ed esterni, curiosità artistiche e cenni storici. Iniziamo ora il nostro itinerario tra spiritualità e bellezza da uno dei complessi più antichi e suggestivi del borgo.

 

 

 

Il Convento dei Frati Minori

Un viaggio tra arte, storia e spiritualità

La visita parte dal Convento e dalla Chiesa dei Frati Minori, la cui costruzione risale al 1525. Inaugurato nel 1533, l’edificio ha subito gravi danni a causa dei terremoti del 1569 e, soprattutto, del devastante sisma del 1638. Ricostruito nel 1647, come ricorda una lapide nel chiostro, fu soppresso nel 1809 durante l’occupazione napoleonica e riaperto per un breve periodo dai Borboni. Nel 1867 i frati furono definitivamente allontanati e il convento divenne proprietà comunale.

L’edificio ha ospitato, fino ai primi anni 2000, convegni e attività universitarie. Oggi conserva ancora il chiostro a pianta quadrata, un portico con volte a crociera e un pozzo centrale. Sulle pareti, 17 affreschi realizzati nel 1740 da Francesco Pellicore raccontano le vite dei santi francescani. Tra le opere, spicca l’affresco della Vergine che protegge la città di Rende, posto sopra la porta che collega il chiostro alla sagrestia.

All’interno della chiesa si resta colpiti dalla ricca decorazione barocca. Da non perdere:

  • Il maestoso dipinto Apoteosi dell’Immacolata (1797) di Cristoforo Santanna.
  • La Pietà e la Via Crucis, sempre del Santanna.
  • Tre tele settecentesche anonime: Apparizione di San Michele Arcangelo, Madonna col Bambino tra Santi e Apparizione del Bambino Gesù.
  • Opere contemporanee di Magli, pittore rendese, tra cui alcune dedicate al Nuovo Testamento e alle Clarisse.

Sull’altare maggiore si trova una straordinaria Immacolata di Francesco De Mura (1743), affiancata in passato da una statua della Madonna col Bambino attribuita a un allievo di Cagini. La chiesa custodisce anche numerose statue in marmo, legno e cartapesta, tra cui quella di Sant’Antonio da Padova e del Cristo Risorto.

 

 

 

 

 

Castello Normanno

Il Castello Normanno

Una sentinella millenaria sulla collina

Il Castello di Rende, secondo le cronache di padre Fonte, fu costruito nel 1095 dai Normanni, probabilmente sui resti di una rocca romana. Nei secoli ha subito molti restauri a causa di terremoti e guerre. Anticamente era circondato da una cinta muraria e da torri angolari, oggi scomparse ma ricordate dalla tradizione orale, con nomi evocativi come “Porta Cosenza” e “Porta Marano”.

Il maniero ha visto alternarsi molte famiglie nobili: dai Conti di Ajello agli Adorno, fino al Duca Sanseverino. Dopo la sua condanna per fellonia, il castello fu affidato alla famiglia Alarcon, che lo mantenne fino al 1817. Oggi è sede del Municipio di Rende, ma continua ad accogliere visitatori curiosi di esplorarne la storia.

Chiesa del Rosario

La Chiesa del Rosario

Tra barocco, arte e devozione popolare

Ai piedi del castello, tra vialetti e curve panoramiche, si trova la Chiesa del Rosario, edificata nel 1779 in un raffinato stile barocco. A costruirla furono i fratelli Raffaele e Giuseppe De Bartolo. La sua facciata, realizzata con pietra delle cave di Mendicino, è uno degli esempi più eleganti del barocco locale. Non venne mai dotata di cupola, per volere del marchese, che non voleva vederne alterata la vista dal castello.

L’interno, a navata unica, custodisce un prezioso presepe e numerose opere d’arte:

  • Gli affreschi dei Misteri della fede sulla volta, attribuiti a Santanna (1784).
  • Una statua della Madonna del Rosario e un dipinto di San Vincenzo Ferreri.
  • Un suggestivo quadro delle Pie Donne attribuito a un artista greco.
  • Un pregevole organo settecentesco di Carlo Mancini.

Sull’altare maggiore troneggia una grande tela con la Madonna del Rosario tra San Domenico e Santa Caterina, incorniciata da legno intagliato. Nelle vetrate colorate filtrano le immagini sacre, mentre affreschi e statue narrano visivamente secoli di fede e arte.

Chiesa Madre di Santa Maria Maggiore

A pochi passi dal cuore del paese, lungo il corso principale, si incontra la Chiesa Madre, dedicata a Santa Maria Maggiore. Le sue origini risalgono probabilmente al XII secolo, ma dell’antica struttura oggi non rimane traccia. L’edificio venne completamente ricostruito nel Cinquecento e poi nuovamente trasformato nel corso del Settecento.

Nel 1740 fu restaurata dal maestro Francesco Belmonte, mentre dopo il terremoto del 1783 intervenne Raffaele De Bartolo, due artisti locali che ritroveremo più volte nel corso di questa guida. In quell’occasione venne rifatta la volta a botte della navata centrale e, come annota padre Fonte, le originarie colonne ottagonali in tufo che reggevano gli archi romanici furono rinforzate e inglobate in colonne più robuste in muratura.

L’esterno della chiesa, secondo lo studioso Giraldi, presenta una facciata armoniosa a salienti che riflette in sezione la suddivisione interna: tre portali in tufo di buona fattura, ciascuno corrispondente a una delle tre navate. La navata centrale, più ampia e alta rispetto alle due laterali, è dominata da un grande rosone in tufo decorato con sedici colonnine disposte a raggiera attorno a un motivo quadrilobato.

All’interno, sulla volta della navata centrale, spiccano due affreschi di Cristoforo Santanna. Il primo, però, è un’opera moderna realizzata nel 1925 dal pittore noto come “il Greco” e raffigura l’Entrata trionfale di Cristo a Gerusalemme. Questo sostituisce un affresco precedente di Santanna, distrutto dal terremoto del 1854. Seguono due opere originali del Santanna, entrambe del 1794: il Trasporto dell’arca nel tempio di Gerusalemme con il re David che suona la cetra, e la Cacciata di Eliodoro dal tempio.

Sulla navata destra si trovano numerosi dipinti del Greco: Il Battesimo di Gesù (1928), Santa Maria della Consolazione(1928), San Francesco di Paola (1927), Il Sacro Cuore di Gesù (1930), L’Apparizione del Sacro Cuore (1929) e La Pietà (1928). Nella cappella del Rosario si conserva un prezioso dipinto del Santanna del 1775 raffigurante La Madonna del Rosario con San Domenico e Santa Caterina, un’opera del Greco del 1930 con Sant’Ippolito e una statua della Madonna col Bambino.

Accanto all’abside, sul lato destro, è collocata un’imponente Presentazione di Gesù Bambino al tempio di Santanna, insieme a un San Giovanni Evangelista dello stesso autore. L’abside ospita stalli corali in legno e l’altare maggiore, decorato con eleganti stucchi policromi realizzati nel 1858, sovrastato da una pala del 1795 in cui la Madonna col Bambino è circondata da angeli. Secondo la tradizione, Santanna avrebbe ritratto la giovane moglie come modello per la Vergine, e i figli per gli angeli.

Proseguendo lungo la navata sinistra, il primo altare presenta una tela del Greco del 1929 con Santa Teresa, seguita da una Madonna del Carmine (1923), La Sacra Famiglia e San Luigi Gonzaga. Nel quarto altare, dedicato al Crocifisso, si trova Le Pie Donne in pianto di R. Rinaldi da San Fili (1896), sormontato da una statua di Cristo in Croce del Settecento, dipinta al naturale da autore ignoto. Il tutto è incorniciato da eleganti colonne dorate in legno.

Il quinto altare custodisce un dipinto di Gesù Bambino. Più avanti, si apre la cappella un tempo intitolata a San Carlo Borromeo, con un olio del Settecento raffigurante la Sacra Famiglia con San Carlo Borromeo e San Giovanni, racchiuso in un altare ornato dallo stemma della famiglia Vercillo. Accanto si trova un’opera del Grano del 1847 che ritrae Sant’Antonio da Padova, affiancata da statue di San Luigi e Sant’Antonio.

Nella zona absidale sinistra è visibile un dipinto del Pascaletti con l’Immacolata, San Francesco d’Assisi e Santa Chiara, e una tela di Magli del 1960 raffigurante La consegna delle chiavi a San Pietro.

In sagrestia spicca un grande affresco della Trasfigurazione (3 x 5 metri), realizzato da Santanna nel 1794, un olio su tela dello stesso autore (1 x 1,90 m) e un dipinto settecentesco anonimo con l’Arcangelo Raffaele. Notevoli anche i mobili in noce eseguiti dal maestro Agostino Apa.

All’ingresso, nella bussola, si possono ammirare quattro puttini, ulteriore opera di Santanna.

Chiude la visita un imponente organo elettrico costruito nel 1933 dai fratelli Migliorini di Roma, con ben 1300 canne e due tastiere: un gioiello musicale che completa il ricco patrimonio artistico e spirituale della chiesa.

Museo Civico Rende

Usciti dalla chiesa madre, e menando in discesa, a qualche decina di metri, sulla sinistra, eccoci al Museo Civico. Sorto ai primi anni ottanta, è allestito con cura presso il secentesco palazzo He Zagarese, già dimora della nobile famiglia rendese. Si articola in una sezione del folklore e in una sezione pinacoteca intitolata al pittore rendese Achille Capizzano.
La sezione del folklore è dedicata all’illustre antropologo e demologo calabrese Lombardi Satriani tende a diffondere e a presentare, soprattutto agli studenti, gli aspetti di una cultura popolare patrimonio delle nostre terre e troppo spesso dimenticata o catalogata come sottocultura. In essa è racchiuso un vasto panorama di usi, costumi e tradizioni popolari che suggerisco un ulteriore ampliamento come “centro del folklore” nella sua accezione più ampia, che comprenda anche una sezione da dedicare alla letteratura popolare. In tal modo si renderebbe ancor più merito all’illustre studioso calabrese al quale, appunto, è stata dedicata la raccolta. Ed ecco la strutturazione del museo così come è stata concepita e come viene presentata ai visitatori:
  1. sala: Concetto di folklore; sintesi storica. Le minoranze etniche: gli Italo-Albanesi, gli Zingari. II sala:L’architettura popolare: la casa. INI sala: Gli interni: sistemi di illuminazione. Fonti di calore. Approvo idrico. IV sala: Gli interni: la cucina, l’alimentazione. V sala: L’abbigliamento: i costumi popolari. VI sala: Le attività domestiche: filatura, tessitura, ricamo. Le attività produttive: l’agricoltura, la pastorizia. VII sala: L’artigianato:la ceramica, l’oreficeria. VIZI sala: Vita religiosa; vita sociale; gli strumenti di musica popolare. ZX sala: L’emigrazione: I calabresi in Canada.
La Pinacoteca, come già detto, è dedicata al pittore rendese Achille Capizzano (1907-1951) esponente dell’arte contemporanea, del quale si possono ammirare 15 opere: Visi raccolgono ancora opere di altri maestri (Guttuso, Sironi, Levi, Balla, De Chirico, Carrà, Greco ed altri). Ricca e prestigiosa la collezione di opere più antiche: appena lasciatala stanza delle opere dell’arte contemporanea, n un ambiente più piccolo, ci si trova innanzi ad una tela bellissima, “Il soldato” di Mattia Preti, detto il cavalier calabrese, che, in effetti, è diventato il simbolo del museo stesso. Vicino, un’altra tela dello stesso artista, il “Sinite Parvulos”; entrambi i dipinti mostrano con elovigionamentquenza quel “neo tenebrismo” che caratterizzava l’artista e che lo contrapponeva al suo più autorevole “avversario”, Luca Giordano, più incline ad una pittura maggiormente luminosa, più commerciale e meno problematica. Ancora più avanti, altra pregevole opera, stavolta, del Solimena, raffigurante l’allegoria della Temperanza della Fortezza, della Prudenza e della Giustizia.Nella sala convegni del Museo, eccoci di fronte ad un ricchissimo patrimonio artistico: La SS. Trinità, olio su tela, eseguito dal Pascaletti di Fiumefreddo Bruzio nel 1784; poi le opere di Cristoforo Santanna, Maria SS. in gloria e San Michele del 1782, Santa Teresa d’Avila, La Crocifissione, L’Eterno Padre ed angeli, La Flagellazione di Cristo alla colonna, L’Apparizione della Madonna a San Simone Stock, La Sacra Famiglia. In bella evidenza, un tondo di legno, raffigurante la Madonna della Purità del pittore fiammingo Dirck Hendricksz la cui presenza nel meridione era già stata documentata.
Usciti dal museo, si prende la strada in discesa, e si è subito attratti dall’incredibile panorama che ci si presenta. Poco più avanti, sì erge il Santuario di Maria SS. di Costantinopoli.

Santuario-Maria-SS.-di-Costantinopoli-Rende

Santuario di Maria SS. di Costantinopoli

La devozione mariana a Rende ha origini molto antiche, ma sembrava essersi affievolita con il declino del monastero basiliano dei Santi Pietro e Paolo, noto come “Li Rocchi”. Fu grazie all’opera di Giovanni da Procida che, dopo due viaggi in Oriente, nel 1600 si avviò la costruzione dell’attuale santuario, proprio nel tratto della cinta muraria dove un tempo sorgeva la cappella di San Sebastiano.

Secondo la tradizione orale, in seguito alla peste del 1656, i cittadini di Rende acquistarono una statua della Madonna proveniente da San Fili. In seguito, la chiesa fu completamente distrutta, ma nel 1719, grazie all’impegno dei capimastri Francesco Belmonte e Raffaele De Bartolo, insieme ad altri rendesi, fu edificato l’attuale edificio. Nel 1747 vi nacque anche l’omonima Confraternita. In quegli anni si recuperò anche un’antica icona mariana, dimenticata per secoli nel territorio di Arcavacata.

Se l’esterno della chiesa appare sobrio e lineare, privo di elementi decorativi di rilievo, l’interno sorprende per la sua ricchezza artistica. L’edificio, a navata unica e pianta a croce latina, ospita numerose opere d’arte. Sulla cantoria è visibile un dipinto del 1777, realizzato da Cristoforo Santanna, raffigurante la Madonna col Bambino. Di fronte, un angelo regge uno scudo con la scritta “Maria Dei Mater”, che allude alla condanna dell’eresia nestoriana. Sul parapetto, si trovano angeli musicanti, anch’essi opera del Santanna.

Proseguendo sulla destra, si possono ammirare:

  • La visita della Madonna a Santa Elisabetta (1930) e Lo sposalizio di Maria, entrambe opere del pittore Greco, quest’ultima ispirata al celebre dipinto di Raffaello;
  • L’incendio di Costantinopoli di Francesco Fiore, datato 1905.

Tutte e tre le opere sono realizzate a olio su tela. Sulla volta, spiccano tre dipinti ad olio su latta: Mosè riceve le tavole della legge, Ester e Assuero, Il sacrificio di Abramo.

La splendida cupola emisferica sopra il transetto è affrescata a tempera dal pittore rendese Achille Capizzano nel 1949, e rappresenta la Madonna di Costantinopoli in gloria.

Nel braccio destro del transetto si trova Maria bambina tra le braccia di Sant’Anna, anch’essa del Santanna, e sulla volta una tempera murale raffigurante la Sacra Famiglia. Sull’altare maggiore è collocata L’Immacolata, del 1775, sempre di Santanna, mentre nella volta dell’abside è affrescata la Natività. Ai lati si trovano due dipinti di De Dominicis del 1891 raffiguranti San Luca pittore.

Nel braccio sinistro del transetto è conservato Il martirio di San Sebastiano, opera del 1790 di Giuseppe Santanna, figlio di Cristoforo; si ritiene che il volto del Santo sia un autoritratto. Sopra il dipinto, un affresco con La fuga in Egitto. Accanto, le statue dell’Addolorata e di Gesù deposto.

In un ambiente attiguo, oggi adibito a museo della chiesa, sono custoditi paramenti sacri precedenti al Concilio Vaticano II, figure del presepe, due opere di Capizzano che riproducono l’antica icona mariana e due statue.

Sul lato sinistro della navata troviamo La presentazione di Gesù Bambino al tempio (1930) del Greco e, più avanti, La disputa dei Vescovi a Efeso sulla maternità divina di Maria, dipinta nel 1905 da Francesco Fiore. Tra queste due opere si apre la cappella che custodisce l’immagine più venerata: l’icona di Maria SS. di Costantinopoli, dipinta a olio su rame. Ai lati della cappella vi sono due dipinti di Greco del 1924: Implorazione della Madonna di Costantinopoli e Implorazione alla Croce.

In sagrestia sono conservati Il Trionfo di Maria (1778) e Il battesimo di Gesù, entrambi di Santanna, oltre a due oli su tela raffiguranti San Pietro e l’Addolorata. Sulla parete interna, accanto all’ingresso a destra, è murato un blocco di tufo con incisioni bizantine: un agnello che sorregge una croce con la zampa e una colomba. La forma arcuata del frammento suggerisce che potesse appartenere a un’antica chiesa rendese.

Chiesa di San Michele Arcangelo

Chiesa di San Michele (detta del Ritiro)

A poche decine di metri dal Santuario di Maria SS. di Costantinopoli si erge la Chiesa di San Michele, comunemente nota come chiesa del Ritiro. Dell’antica fondazione normanna rimangono oggi pochissime tracce, mentre gli ambienti che un tempo costituivano il monastero annesso sono stati trasformati in abitazioni private. Lo storico Padre Fonte riferisce che, «trasversalmente al monastero trovasi ancora un lungo corridoio sotterraneo», probabilmente realizzato per permettere la fuga in caso di attacchi nemici.

Il devastante terremoto del 1638 rese inagibile l’intero complesso, che fu ricostruito negli anni successivi. Nel XVII secolo, la chiesa ospitò una comunità di frati Agostiniani, i quali le attribuirono il nome “Ritiro”. Con l’abbandono del convento da parte dei religiosi, l’edificio necessitò di nuovi lavori e fu nuovamente restaurato nel 1715 sotto la direzione del capomastro Francesco Belmonte. In quell’occasione fu dedicata a San Giuseppe.

La facciata seicentesca originale è impreziosita dalla pietra locale di Mendicino. L’interno, a pianta a croce greca, custodisce numerose opere d’arte.

Partendo dal lato destro, il primo altare — finemente intagliato, dorato e decorato con motivi vegetali — è dedicato a San Francesco Saverio. Vi si trovano:

  • una statua del Santo,
  • un dipinto raffigurante San Francesco sofferente, collocato nella parte inferiore,
  • e, sulla volta, un altro olio su tela che lo ritrae mentre battezza i pagani.

Entrambi i dipinti sono di autore ignoto, risalenti al Settecento.

Nell’abside destra spiccano due opere del pittore Magli: Gesù Bambino tra i dottori del Tempio (1974) e La Deposizione. Al centro della nicchia domina la scena la statua di San Michele Arcangelo, scolpita da Giacomo Colombo nel 1730.

L’altare maggiore è impreziosito da un notevole tabernacolo in legno scolpito, ornato da nicchie e piccole statue lignee. Quattro colonnine scanalate sostengono una trabeazione e una cimasa finemente decorate. Al centro campeggia la tela La Sacra Famiglia, realizzata dal Pascaletti nel 1750, mentre nella parte superiore si trova Il Transito di San Giuseppe, opera del pittore Santanna (1780). Sotto l’altare, un affresco raffigura Cristo Deposto.

La cupola del transetto è decorata con l’affresco Gli angeli ribelli, eseguito anch’esso dal Magli. A completare l’apparato simbolico, quattro statue allegoriche rappresentano le virtù cardinali: Prudenza, Giustizia, Temperanza e Fortezza.

Nel braccio absidale sinistro si trovano:

  • una statua di San Giuseppe,
  • La Resurrezione di Gesù (1951) e La visita dei Re Magi (1945), entrambi dipinti da Magli.

La prima cappella a sinistra è dedicata alla Madonna del Carmine e ospita:

  • una statua della Vergine del Carmelo,
  • un dipinto attribuito probabilmente a Pascaletti (1748) raffigurante La Gloria di Maria SS.

Nel locale di passaggio tra la chiesa e la sagrestia sono collocate due statue: una di San Michele Arcangelo e una di San Giacomo Apostolo, realizzate da artisti dell’Italia meridionale nel tardo Quattrocento. Queste furono ritrovate fortunosamente dopo la frana che distrusse, a metà Ottocento, la chiesa di Loreto.

La sagrestia conserva ulteriori tesori d’arte:

  • un busto reliquiario di San Francesco Saverio,
  • La Natività (1740) e Il Sacro Cuore di Gesù (1767), opere del Santanna,
  • oltre a dipinti raffiguranti L’Angelo Custode, San Giuseppe col Bambino, La Madonna del Carmine, San Giovanni Bosco e Cristo sotto la Croce.